giovedì 2 aprile 2015

Benedizione nelle scuole, un’altra tradizione non rispettata

Quando il prete fa paura...
A pochi giorni dalla Pasqua ci facciamo portavoce di un sentimento popolare che rasenta l’indignazione per il ripetersi anche quest’anno di quella che ormai è diventata una consuetudine che proprio non riusciamo a comprendere o ad accettare.
In questi giorni infatti i parroci che sono andati a benedire le scuole materne ed elementari dell’Istituto Comprensivo “Bartolini” hanno potuto e dovuto farlo fuori dall’orario scolastico e non, come accadeva fino a pochi anni fa, con i bambini in classe. I genitori che hanno voluto far assistere i bambini alla celebrazione hanno dovuto caricare i figli in auto e riportarli a scuola nel pomeriggio, con tutti i disagi del caso per le famiglie. Tutto questo in rispetto ad una nota della Direzione Scolastica regionale della Toscana del 2009 in cui si sottolinea che “è esclusa la possibilità di realizzare nella scuola durante l’orario delle lezioni riti o celebrazioni religiose”.
Nella circolare della dirigente agli insegnanti viene citata la “disponibilità dei parroci e la sensibilità delle famiglie” per consentire al corpo insegnante di organizzare la benedizione fuori dall’orario scolastico ma non ci risultano sondaggi o comunicazioni preventive per sapere dalle famiglie cosa ne pensavano.

Prendiamo atto che in nome della burocrazia e di “nuove sensibilità” è stata interrotta una tradizione storica e sono state obbligate le famiglie a organizzarsi in un giorno di lavoro per portare i bambini ad assistere ad una cerimonia religiosa in un luogo nel quale i bambini rimangono anche sei ore e mezzo al giorno, un tempo evidentemente non sufficiente per ospitare una benedizione e un saluto da cinque minuti al massimo.
Lo stesso tempo che non fu preso in considerazione quando l’attuale presidente del Consiglio d’Istituto del “Bartolini” Gianni Raponi, allora semplice consigliere, propose di far uscire dalla scuola cinque minuti prima i bambini non interessati alla benedizione per evitare che quelli interessati dovessero tornare con mezzi propri; un modo per tutelare una minoranza rispetto ad una maggioranza. Proposta non accolta, come quella di fare la benedizione appena dopo la fine delle lezioni, per evitare di pregiudicare il servizio di trasporto pubblico.
Molto più senso avrebbe per noi se i genitori con altri credi religiosi, atei o anti-clericali facessero una lettera a preside e insegnanti chiedendo in modo assolutamente legittimo di far uscire il proprio bambino nel momento della benedizione, così come succede per l’ora di insegnamento di religione.
Senza contare l’amarezza per la benedizione quasi ‘clandestina’ di un luogo come la scuola che, senza bambini, perde la propria anima e la propria funzione civile e sociale.

Prendiamo atto del cambiamento dei tempi e delle abitudini, non lo condividiamo né apprezziamo e siamo curiosi di vedere se i paladini della laicità dello stato e della scuola e gli instancabili tutori delle altre religioni che così poco tutelano la nostra si batteranno con la stessa intensità per evitare che le scuole, che loro non vorrebbero fossero benedette, chiudano per 15 giorni a Natale e per una settimana a Pasqua, festività (statali) che in quei casi fanno molto comodo…

Nessun commento:

Posta un commento